Chi scolpì nel marmo il primo presepe della storia? | Arte2000
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Chi scolpì nel marmo il primo presepe della storia?

Nel 1291 il papa Niccolò IV commissionò allo scultore Arnolfo di Cambio il primo presepe inanimato della storia per dare risalto alla reliquia della mangiatoia e celebrare il presepe di Greccio. Il termine presepe deriva infatti dal latino praesaepe ovvero mangiatoia. Greccio fu la città, in provincia di Rieti, dove nella notte di Natale del 1223, San Francesco aveva rievocato la nascita di Gesù con una rappresentazione vivente da cui ebbe origine la tradizione del presepe.

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Busto di Arnolfo di Cambio – Colle di Val d’Elsa

Niccolo IV, primo pontefice francescano, fece costruire vicino alla Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, considerata la Betlemme dell’Occidente, un recinto consacrato al culto della Sacra Grotta per ospitare l’opera che doveva ispirarsi alla spiritualità e ai valori dei francescani. L’Ordine dei frati francescani, per antonomasia definito dei Frati Minori, fu fondato da San Francesco nel 1209 e da lui prese il nome. Erano frati semplici, poveri e mendicanti nei quali prevaleva il rifiuto dei beni e del potere.

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Arnolfo di Cambio, conosciuto anche con il nome del padre Arnolfo di Lapo, nacque a Colle di Val d’Elsa in Toscana e diventò uno scultore, architetto e urbanista molto attivo e famoso soprattutto a Firenze e a Roma nella seconda metà del 1200 e all’inizio del 1300. Dal 1260 al 1270 circa, perfezionò la sua arte scultorea nella Bottega di Nicola Pisano dove lavorò  anche assieme al figlio Giovanni Pisano. Collaborò con questi due grandi scultori nella realizzazione di famose opere come l’Arca di San Domenico, esposta nell’omonima chiesa a Bologna, e il Pulpito del Duomo di Siena di Nicola Pisano.

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La genialità del maestro Arnolfo fu quella di realizzare la Natività ispirata al classicismo antico con una coscienza nuova dello spazio circostante, perdendo l’impostazione frontale. Questo era un concetto, sino a quell’epoca ignorato, che si sviluppò dal Rinascimento. Le figure arnolfiane sembravano realizzate a tutto tondo, ma erano scolpite ad altorilievo su fondi marmorei dipinti. Le opere rispondevano al criterio di “visibilità” ed erano lavorate in prospettiva solo nelle parti che risultavano a vista.  L’intento dello scultore era di riuscire a coinvolgere i fedeli e avvicinarli a Dio; entrando nell’area del presepe il visitatore si sarebbe sentito emotivamente coinvolto, come stesse partecipando all’evento, vivendo le stesse sensazioni e passioni dei vari soggetti.  Si suppone infatti che nel presepe originale le statue fossero distribuite su un’area più ampia attorno alla Sacra Grotta.

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Il gruppo scultoreo è custodito a Roma nella cripta della Cappella Sistina, nella Basilica di Santa Maria Maggiore particolarmente legata al mistero della Natività. Come aveva desiderato il papa Niccolo IV, l’opera è molto sobria, le figure presenti sono quelle della Sacra Famiglia: Gesù, Giuseppe e  Maria, dei re Magi, del bue e dell’asino. Ancor oggi il presepe è spesso rappresentato in questo modo semplice.

Nella lettura di quest’opera risaltano, sotto l’aspetto tecnico, misura e composizione, senso plastico e pittorico, armonia e regole delle nobili arti di scultura, pittura e architettura, ma nel complesso prevale ancora una volta la grande sensibilità dell’artista.
NdR

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